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martedì 7 gennaio 2014

Messina, città dall’antico prestigio, con una numerazione civica… da rivedere

di Claudio Sergio Stazzone


Perché dal più sperduto paese sino alle “street” di New York, se un forestiero (o anche lo stesso cittadino che ne avesse bisogno!) dovendo trovare qualcuno o qualcosa, e solo consultando velocemente la mappa locale, dovrà solo cercare il numero civico per vedere soddisfatta la propria necessità, mentre a Messina tutto questo non accade alla stessa maniera? Cosa è accaduto in questi decenni, a noi più vicini, perché un cittadino, che per l’occasione chiamerei “malcapitato” (o “sbarruato”, nei casi più sfortunati), deve sperare d’incontrare un messinese cortese e autoctono della strada o del quartiere per far sì che il medesimo possa aiutarlo a trovare la via e il numero civico, già cercato e non trovato? Viviamo tra strade con assenza di numeri civici, o gli stessi sovrapposti ad altri, o dulcis in fundo… numeri di isolati introvabili che, dalla giustificata esigenza post-terremoto, a dopo più di cent’anni dal funesto evento che ci rase a zero, non si capisce ancora oggi che senso abbiano. Ne risulta che chi si cimenti è di fatto impossibilitato a trovare ‘quanto’ o ‘chi’ cerca. Mi è accaduto, personalmente che, recatomi presso l’ufficio dell’amministratore del mio condominio (parliamo di una strada minore, ma centralissima), e non conoscendo dove questo potesse essere, perché contattato solo via telefono/e-mail, trovata finalmente la via (peraltro, malamente ricavabile sulla mappa internet), non rimaneva che capire se il numero riportato sulla comunicazione fosse da intendere come ‘civico’ o come ‘isolato’; consultati i passanti, solo uno di essi seppe indicarmelo. Lo avevo trovato, ma adesso non era leggibile il cognome sulla pulsantiera del citofono e perdute quasi due ore, decisi di desistere, e di rintracciarlo telefonicamente. Peggio ancora mi accadde con la ricerca di una grossa e nominata ditta della quale dovevo servirmi. Ritorno a ‘la città che ha i titoli e i numeri’: parlo della Zancle Greca; la Messana Romana; la protometropoli bizantina della Sicilia; la capitale assieme a Palermo del Regno di Sicilia sotto i Normanni, che nobiluomini messinesi sollecitarono a cacciare gli Arabi; la base della terza Crociata di Riccardo Cuor di Leone; il primissimo centro commerciale e tra le più grandi, fiorenti ed importanti città del mar Mediterraneo; la sede del Gran Priorato dei Cavalieri Teutonici con Federico II; la capitale economica e la città siciliana più ricca per lunghi secoli sotto gli svevi-angioini-aragonesi, seconda nel Mezzogiorno d’Italia solo a Napoli; la patria di Evemero, Dicearco e del pittore quattrocentesco Antonello da Messina; la titolare di una Zecca e di un arsenale; la città cara a l’Imperatore Carlo V, caratterizzata dal grande sviluppo dell’industria serica e dal porto franco; il centro istitutore del primo Collegio dei Gesuiti al mondo; la base militare dal cui porto partì la flotta cristiana, al comando di Don Giovanni D’Austria, che sconfisse i Turchi nella Battaglia di Lepanto, a cui offrì grandi comandanti; la città della prima metà del ‘600, tra le dieci più grandi ed importanti d’Europa di cui crebbe il suo ruolo culturale; la città in esenzione ventennale dalle imposte e con lo stato di porto franco con Ferdinando IV di Borbone; l’elettrice unica, a sfida dei Savoia, nel 1866 di Giuseppe Mazzini alla Camera dei deputati; la città che ospitò la Conferenza di Messina, nel Giugno 1955, ad opera di Gaetano Martino, da cui si pervenne alla costituzione dell’Euratom e della CEE (Comunità Economica Europea), diventata in seguito Unione Europea. Tanti benemeriti cittadini – me compreso, ma coadiuvato da tanti altri – hanno cercato di scuotere questa città per il recupero e l’orgoglio della sua identità, e io, nel mio ruolo di preside dell’ITES “A.M. Jaci”, affiancato dal personale e da splendidi giovani, non ho mai preteso di costituirla a City International, ma solo di poter pronunciare con vero orgoglio “sono messinese”, invece, ci facciamo definire ‘babbi e buddaci’, facendoci deprivare di tutto, e parlo di risorse lavorative e strutturali; vitali e prestigiose, in due parole; non riusciamo neppure a mettere in ordine noi stessi, sorvoliamo sulle spazzature, sulle costruzioni dissennate in aree a rischio, sull’agire incontrollato e indisciplinato. Orbene, cosa possiamo sperare della nostra disistima civica? Meditiamo, gente; meditiamo!






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